Quando il mercato si muove velocemente e violentemente, lo fa con gran rumore e lascia sul terreno tracce ben evidenti; sul giornaliero, vediamo il caos: lunghe barre rosse e verdi, il segno della volatilità che fa saltare gli stop e manda all’aria i piani dei trader e dei trading system. Per ritrovare ordine e decifrare la logica dei disegni sui grafici occorre salire in alto, sui timeframe superiori. (click per ingrandire)
Negli ultimi 45 anni abbiamo avuto tre Bear Market: la crisi petrolifera del 1975, la bolla Dot.com del 2000 e il Credit Crunch del 2008, tutti caratterizzati dal superamento del livello -80 da parte del Composite Momentum su base trimestrale. Tale livello viene quindi superato nelle crisi più gravi, nei Bear Market duraturi, ed il momento in cui l’indice è arrivato a superare -80 è sempre coinciso con il bottom di mercato. In tutti gli altri periodi, il normale avvicendamento tra tori e orsi che caratterizza il tipico susseguirsi di massimi e minimi più elevati dei Bull Market, ha sempre visto il Composite Momentum fermarsi nei valori compresi tra 0 e -50 o poco oltre. Il flash crash del 1987 (freccia fucsia), un ribasso veloce e violento ma non un Bear Market, è stato probabilmente il movimento di mercato più simile ad oggi per volatilità e velocità: allora come oggi il Composite si aggira attorno allo zero. Due possibilità: la strada della discesa è ancora lunga e abbiamo in questo caso davanti a noi un terribile orso. La seconda: il ribasso in corso ha già dato il peggio di sé ed è iniziata una fase di assestamento. Quale delle due? Chiediamo aiuto ad altri indicatori.
Scendiamo al mensile tracciando un Fibonacci tra l’ultimo bottom importante del Dicembre 2018 ed il massimo assoluto dello scorso Febbraio. Con il rebound di Venerdì 13, l’indice si sta rialzando verso il 61.8% del ritracciamento, uno dei livelli chiave di Fibonacci. Un close della barra mensile sopra a questo livello che oggi quota a 2745 area, conforta l’ipotesi che il mercato abbia trovato un punto dal quale ripartire o che, quantomeno, i ribassi importanti siano finiti.
Il settimanale dell’indice S&P500, l’unico su cui valga la pena di fare analisi tecnica, rimane ancora ben leggibile. L’indice NH-NL, cioè l’indice che calcola i titoli di tutto il listino USA che fanno nuovi massimi e nuovi minimi, è arrivato all’esorbitante valore di – 9000. Valori inferiori a – 4000 vengono raggiunti raramente e, quando capita, l’indice segnala due cose: un grave ipervenduto e l’imminenza della ripresa di un Bull o quantomeno un rimbalzo lungo e sostenuto. Ciò è sempre accaduto, tranne nel 2008, ed anche l’ultima occorrenza nel Dicembre 2018 ha avviato una nuova gamba rialzista durata 14 mesi. La maggiore profondità del NH-NL settimanale, testimonia lo sconvolgimento dei mercati: per quanto un rally di reazione possa essere probabile, occorreranno mesi prima di poter riparare i danni di questa discesa.
La preservazione del capitale è l’unico impegno da prendere nei prossimi tempi. Nelle probabili reazioni rialziste, alcuni faranno trade veloci da rapina, la maggior parte venderà i rossi di portafoglio con minor perdita innescando un nuovo ribasso che andrà a ritestare e probabilmente superare i minimi di Dicembre 2018 e solo allora si potranno capire meglio le intenzioni del mercato. Trade veloci e vendita di volatilità le uniche operazioni possibili delle prossime settimane.
2 Comments
angelo gavioli
Gentile Dr Gianluca Leo,
la ringrazio per il suo post e per i commenti che condivido.
Sto leggendo “Il nuovo vivere di trading”, da lei ben presentato e tradotto.
Il mio trading principale è su titoli USA molto liquidi, strategia trend following.
Tendenzialmente uso uno stop loss di 2-3 ATR su grafico daily.
Vi sono teorie che suggeriscono di non usare stop loss fissi ma dare uno spazio del 20-25%.
Gradirei un suo parere considerando anche le attuali condizioni dei mercati.
Grazie da ora.
Cordiali saluti
Angelo Gavioli
Gianluca Leo
Caro Gavioli, Le “teorie” sul non uso dello stop loss hanno origine da un unico fattore: l’ignoranza. Lo stop loss ha due funzioni importantissime: salvare il capitale da un’operazione andata male (succede a chiunque) e consentire il calcolo della quantità di denaro da investire in un trade. Naturalmente, a seconda dello stile di trading e dell’orizzonte temporale dell’operazione, lo stop sarà più o meno vicino al punto d’ingresso. In una strategia trend following, che per sua natura ha un’orizzonte temporale di mesi o anche qualche anno, dopo aver calcolato lo stop loss iniziale lo avvicino progressivamente al prezzo se il trade mi sta dando ragione, trasformando quindi l’iniziale stop loss in un trailing stop. A mano che il trade prosegue nella mia direzione, un buon livello di trailing stop è una chiusura sotto alla prima ATR negativa: la struttura rialzista viene infatti spesso danneggiata sensibilmente con un close sotto a -1ATR. Dare uno spazio a caso, come 20%, 25% o 50%, significa non tenere conto della volatilità espressa da quel titolo e quindi entrare a mercato con troppi o pochi soldi.