I timeframe superiori, in particolare dal settimanale in su, sono una struttura non manipolabile del mercato.
Su un titolo sottile, anche un trader retail come noi è in grado di lasciare la propria impronta su un grafico intraday (e magari osservarla con soddisfazione: eccomi lì!). Le mani forti, magari per errore come accaduto nel Flash Crash del 2010, sono in grado di smuovere grosse Blue Chips e indici anche solo per un giorno.
Ma un indice settimanale, mensile o trimestrale, non sono manipolabili neppure dalle banche centrali, le quali hanno si un grande peso nella determinazione di un trend, come lo hanno avuto nell’ultimo decennio a suon di QE, nessuno ha la potenza di fuoco necessaria per manipolare significativamente un indice su base settimanale o superiore; nessuno può agire sul mercato in modo da definire quanto un top debba essere allargato, quanto debba durare un bottom, e dove deve fermarsi un Bear o un Bull market, se creare una divergenza oppure no.
Ne consegue che le informazioni che deriviamo dallo studio di un grosso indice a timefame elevato, ad esempio SPX settimanale, è uno specchio abbastanza esatto delle condizioni del mercato e delle sue probabili evoluzioni. Se poi l’analisi la facciamo su un periodo esteso a molti decenni, riuscendo a decifrarne almeno una parte, un particolare, siamo di fronte ad un comportamento ripetitivo e tipico del mercato, della sua struttura più interna e sorda a notizie e manipolazioni, una struttura che è formata esclusivamente dalla psicologia dei mercati.
E’ assolutamente vero che i mercati nel tempo si modificano: gli algo trader, per esempio, fanno molta attenzione alle differenze tra i mercati alle grida e quelli elettronici dell’era Internet. E non ci sono dubbi che quando si fa trading intraday o multiday, un certo sistema discrezionale o meccanico possano smettere di funzionare perchè si è modificato il mercato. Ma è altrettanto vero, come vedremo, che alcune caratteristiche rinvenibili sui timeframe piu elevati sono immutabili, o almeno lo sono state per un periodo di tempo nel quale si sono avvincendate generazioni di trader, notizie, guerre, tecnologie e crisi assortite, caratteristiche che fanno quindi parte della struttura più interna dei mercati e come tali non sono manipolabili; una persona conosciuta quando aveva 20 anni diventa irriconoscibile se la incontriamo nuovamente quando ne ha 80, ma alcune caratteristiche come il colore degli occhi, le impronte digitali e il gruppo sanguigno rimangono sempre le stesse.
Una delle caratteristiche degli indici finanziari americani, immutate nei decenni, la vediamo grazie a un indicatore descritto da Peter Konner nel suo articolo Combining RSI with RSI e pubblicato nel 2011 su Technical Analysis of Stocks and Commodities.
SPX: 1985 – oggi
Il grafico riporta 34 anni di SPX settimanale, corredato da un RSI a 16 periodi modificato rispetto al normale, essendo calcolato dalla media di High, Low e Close e smussato con una media a 3 periodi. I livelli di ipercomprato ed ipervenduto sono posizionati a 40 e 60.
In questo periodo di tempo, si sono succeduti il crash del 1987, i due Bear Markets 2000 e 2008 e quello in corso (tecnicamente è ancora un Bear Market rally) oltre ad altre piccole correzioni. Cominciamo col riconoscere che tutte le correzioni e Bear Markets che si sono succedute negli ultimi 35 anni, sono state precedute da una divergenza tra RSI e prezzo.
SPX: 1960 – 1995
Unendo questo grafico a quello precedente abbiamo quasi 60 anni di borsa.
Quando l’RSI va sotto a 40, si colora di rosso, e torna blu quando supera 60. Sotto i 40 abbiamo una forte correzione o un Bear Market, sopra i 60 siamo in rally o Bull Market. Osservando i due grafici, il periodo temporale trascorso dall’RSI sotto i 40 è molto minore rispetto al tempo speso sopra 60: un dato che non sorprende considerando che i mercati hanno un forte bias rialzista e conseguentemente, rimangono in trend ribassista per molto meno tempo. Si nota però una cosa importante : l’assenza di falsi segnali.
– Ogni volta che l’RSI incrocia al ribasso il valore 40, segnala e conferma un trend ribassista.
– Ogni volta che l’RSI incrocia al rialzo il valore 60, segnala e conferma un trend rialzista.
Non è mai capitato in 60 anni, un falso breakout rialzista o ribassista. Se l’RSI incrocia al ribasso il livello 40 siamo in un bear market certificato fino al momento in cui non incrocia nuovamente al rialzo il livello 60, e viceversa. E la probabilità che il trend di mercato sia quello segnalato dall’RSI è elevatissima conderando che in oltre mezzo secolo non ha mai avuto un’incertezza.
Come usare questo indicatore?
Se si fossero eseguiti meccanicamente i suoi segnali negli ultimi 60 anni, investendo 40.000 dollari di ETF SPY con un rischio per trade di 5000 dollari, avremmo ottenuto questi risultati:
Ma più che un trading system meccanico, questo sistema va considerato come un ottimo indicatore spartiacque tra Bull e Bear market: un RSI al di sotto di 40 consiglia ai trader di cercare gli short e agli investitori di liquidare le posizioni e andare cash. Un RSI sopra 60 consiglia le ricoperture, la ricerca di posizioni long e l’apertura di nuovi portafogli d’investimento.
Vediamo la situazione attuale:
Notiamo innanzitutto la divergenza tra RSI e prezzo, inziata al top della prima correzione del Febbraio 2018. L’RSI quota attualmente 54.18: bearish. Ma un suo eventuale breakout nelle prossime settimane oltre a 60, darebbe un segnale di conclusione del Bear Market: un segnale che, come detto, non ha mai fallito in 60 anni di storia.