La gestione di un portafoglio di azioni a dividendo crescente negli anni deve essere necessariamente semplice proprio in virtù del fatto che è un compito, teoricamente, infinito.
Quando si sarà nella fase in cui non si investirà più nel proprio portafoglio, ma lo si manterrà allo scopo di avere un flusso costante di denaro sotto forma di dividendi pagati mensilmente, la gestione si riduce a ben poco. Ma fino a quel momento, e cioè per tutti gli anni nei quali investiremo, occorre definire un piccolo piano di investimenti regolari che rispondano alle esigenze e possibilità personali.
Il metodo più semplice è quello del Piano di Accumulo (PAC). In questo modo, investiamo meccanicamente ad ogni unità di tempo predefinta (da uno a tre mesi), una eguale quantità di denaro. Poco importa cosa fanno i mercati, il nostro PAC risponderà solo alle scadenze temporali prefissate, così come abbiamo fatto in questo studio. I più impegnati, vorranno verificare che la quota di denaro da investire per quel mese o trimestre, sia destinata ad un titolo con P/E inferiore a 20 e che nello stesso tempo non sia già sovrapesato (cioè maggiore del 5%) in portafoglio.
Un metodo un po’ più complesso e che richiede una gestione almeno settimanale, è quello di verificare al termine di ogni settimana il grafico di ognuno dei titoli in portafoglio. Questo è il metodo che uso, ovvero verificare se il titolo si trova su un importante, ovvio, supporto su timeframe settimanale. Se lo è, e sempre considerando il valore del P/E e del peso in portafoglio a quel momento, si compra il lunedi successivo. Anche in questo caso non importa cosa fanno i mercati. In un portafoglio composto da 40-50 titoli si possono prevedere mediamente da uno a due acquisti mensili.
Un ulteriore metodo, è rappresentato dall’acquistare quei titoli che per qualsiasi ragione (una brutta trimestrale, una news negativa sul titolo) hanno in una seduta una perdita secca del 4%, 5%…x%. Anche in questo caso sarà garantita una ragionevole frequenza di acquisti perchè è facile (oltre che una bella notizia per noi investitori) che all’interno del nostro portafoglio ci siano titoli che soffrono temporaneamente per ragioni che non avranno alcuna influenza sul lungo termine. Ovvero, il nostro termine.
Vi è però una regola generale da rispettare e che coinvolge non solo il nostro portafoglio dividendi, ma tutti i nostri beni mobiliari ovunque siano investiti. Ed è quella della allocazione fra obbligazionario ed azionario. Sarebbe sbagliato, infatti, investire tutti i nostri beni su un unico comparto, anche se in alcuni casi, come dimostrato da Jeremy Siegel, gli investitori molto giovani dovrebbero essere totalmente investiti sull’azionario.
A questo proposito, vi sono molti schemi diversi, più o meno basati sul buon senso, per determinare, soggetto per soggetto, quale sia l’allocazione “ideale”.
Un buon metodo è quello di verificare, su base semestrale, il valore del P/E di Shiller.
In sintesi, il P/E di Shiller ci dice quanto il mercato azionario sia in generale iper-ipocomprato e conseguentemente quale ripartizione sia ragionevole fare tra azionario ed obbligazionario.
Personalmente uso questi parametri: Uno Shiller P/E di 18 dell’S&P500 suggerirà un portafoglio di 80% azioni e 20% bonds. Per ogni punto sopra 18, la componente azionaria si riduce del 2% mentre per ogni punto sotto 18 aumenta del 2%.
Se ipotizziamo uno Shiller P/E di 21, il nostro portafoglio sarà allocato 74% – 26% in favore dell’azionario, mentre se lo Shiller P/E ha valore 16, il portafoglio sarà 86%-14% in favore dell’azionario. Quindi tanto più è bassa la valutazione del mercato azionario (cioè quanto più è basso il valore dello Shiller P/E), tanto maggiore sarà l’esposizione del portafoglio all’azionario.
Facendo un rebalance del proprio portafoglio una volta all’anno sulla base del valore del P/E di Shiller, si sarebbe ottenuto questo:
Nella figura è rappresentato l’andamento di un portafoglio 100% azionario verso un portafoglio 75% azionario, verso un portafoglio 50% azionario, verso un portafoglio (linea verde) gestito sulla base del rebalance in accordo al valore dello Shiller P/E.
Al di là della attesa performance migliore di un portafoglio totalmente azionario verso altri portafogli con percentuali azionarie variabili (75% e 50%) ed in considerazione che la maggiore presenza azionaria determina rendite progressivamente migliori, il rebalance in accordo ai valori dello Shiller P/E avrebbe dato, storicamente, i risultati migliori.
Conseguentemente, un portafoglio attivamente bilanciato ha sovraperformato qualsiasi altro portafglio con una allocazione azioni/bond statica. Inoltre, importante, anche la volatilità del portafoglio gestito con lo Shiller P/E è risultata minore.
Il valore dell Shiller P/E è consultabile in tempo reale qui.